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La scrittura e la differenza

5 Novembre 2009
Questa recensione è anche nei siti "Il paese delle donne" e "Aprile"
di Clelia Mori

T’imbatti in un titolo che recita:“La paura degli uomini”, e ti accorgi che ce l’avevi già dentro e che c’era proprio bisogno di trovarlo squadernato nella copertina di un libro per tirartelo fuori. A priori, rispetto al testo, ti chiede di scegliere se stare con lui o no.

Letizia Paolozzi e Alberto Leiss sono gli autori del libro. Edito a fine agosto dal Saggiatore è stato già presentato al Festival della Letteratura di Mantova in un affollatissimo incontro. I due, nel loro pamphlet, inseguono con passione in giro per il mondo tutte le notizie che possono sostenere la loro tesi: la paura degli uomini.
Finalmente una donna e un uomo della differenza, mi mettono, ma insieme, il dito nella piaga della “questione”, quella che sembra innominabile, indicibile quando si parla di uomini con quasi tutti gli uomini, specialmente con quelli di potere e le loro donne: la “questione maschile”.
Quella che se non si muove blocca il cammino del mondo. Quella che le donne muovendosi faranno muovere comunque. 
E’ questa una delle più intime e solide convinzioni alla base del loro libro, ma scopro con piacere anche mia.
E già ci sono le pioniere di questo movimento, dicono i due autori, perfino nelle stanze del potere occidentale, a partire dalla Francia e dagli USA e per ragioni opposte in Italia. In un tourbillon di fatti che cercano di decifrare… 
Ma dichiarano anche con serafica sicurezza che se: “Le donne sono cambiate. Dovranno cambiare anche gli uomini.”e che “dietro l’avanzata delle donne c’è il femminismo.” Batto le mani. 
Mi conforta questa loro predizione e questa loro sicurezza. Mi rincuora sulla nebulosità del futuro, perché mi spinge a pensare di più al cammino di libertà fatto dalle donne piuttosto che guardare al loro essere vittima del lato oscuro del maschile. Magari senza chiederne conto come donne o senza nominarlo come paura degli uomini. 
Che è il tema per me oggi: della politica, del potere e della relazione tra maschi e femmine.
E scrivono la fulminante frase sul dovere maschile del cambiamento già a conclusione dell’introduzione. Tutto il loro libro sembra scritto per dimostrare la verità di questa predizione. 
Una sicurezza che non gli deriva solo dal forte desiderio personale di una relazione finalmente differente tra uomini e donne, rispetto ai clichè dei ruoli. 
Ma anche dallo spulciare costantemente nella cronaca quotidiana degli ultimi decenni le affermazioni del loro assunto, lasciandole il meno possibile al caso o ad una lettura di potere maschile o univoca.
Con un setaccio a maglia fine trasformano in realtà, alla conclusione del libro, quello che poteva essere il loro pre concetto di partenza. E vi riescono proprio grazie a questo lavoro puntuale, perfino pignolo, di ricerca, nei diversi ambiti geografici, dei sintomi della paura maschile al distendersi della libertà femminile.
Setacciano le notizie in lungo e in largo, con una dovizia di informazioni da far persino girar la testa. 
Credo lo abbiano fatto per riuscire a capire quanto questa paura di cambiare per gli uomini sia davvero data da un loro inconscio misconosciuto, che ancora li confonde fino a negarlo piuttosto che affrontarlo. Invece che da un’analisi maschile attenta ad una realtà che, nei fatti descritti anche dal libro, potrebbe essere già in cammino tra gli uomini.
Sono notizie importanti quelle riunite nel testo, perfino storiche ma ve ne è pure una miriade che nel giornalismo nostrano non trovano spazio significativo e che questi due giornalisti raccolgono con cura certosina per leggere in modo differente la realtà del maschile e del femminile. 
E’ un o il giornalismo della differenza?
Non lo so. So solo che hanno usato un metodo (che paga) e che le donne delle differenza utilizzano da tempo per cercare tra le pieghe del quotidiano una realtà rivelatrice di altro che si tende o si vuole far scomparire. Ed è un metodo che, visto il libro, serve bene anche a quel giornalismo che vuole cercare di osservare il mondo in modo non convenzionale. Quando accade che la cronaca si scopre, si sveglia e racconta il conto che la realtà le presenta. Quello della miopia del potere che è insieme la paura degli uomini, pubblici o privati e di qualsiasi pulpito, nella relazione con le donne.
Stupisce un poco in questo libro, scritto a quattro mani da un uomo e una donna, la loro sintonia nella scrittura. Una sintonia che non permette di capire chi ha scritto il capitolo sul ritorno della religione piuttosto che la battaglia sul corpo femminile o il lavoro e la vita o la nostra violenza quotidiana o il conclusivo un mondo per due. Che sia una prefigurazione già nella loro scrittura di un nostro futuro modo di relazionarci tra uomini e donne? Trovando un’unità d’intenti a partire dalle nostre parziali differenze? Non lo so, ma voglio sperare sia il frutto della loro ricerca sulla differenza e sulla parzialità.
Insieme e differenti, attraversano le nostre tensioni quotidiane, nella società, in famiglia, nella vita, nel lavoro e nella religione, coniugando pubblico e privato, senza dimenticare di leggerle incrociandole con il punto di vista femminile e con quello maschile. 
Certo verrebbe la voglia di sapere che differenza c’è tra i loro sguardi sessuati. Ma forse il loro comune e lungo lavoro all’Unità, nelle pagine di “L’una e l’altro” e poi su Donnealtri.it – il sito sulla differenza che gestiscono da diversi anni con altre giornaliste- l’ha reso superfluo perfino a loro stessi.
Comunque nel cercare di illuminare il cono d’ombra della paura degli uomini, non hanno certo dimenticato i dati salienti che hanno portato le donne al loro insopprimibile desiderio di libertà. Riconoscendo, tra gli altri, al bistrattato ’68 di essere uno dei momenti cardini per l’inizio maturo della riflessione femminista nel mondo. E se lo è stato per le donne, rileggendo l’imput dei due autori alla luce della differenza, forse lo dovrà essere anche per gli uomini che “dovranno cambiare” per non rimanere incastratiti dalle macerie di quel “ patriarcato” che “vacilla”, profetizzato dalle femministe già alla fine del secolo scorso, grazie proprio alle riflessioni nate dal ’68.
Insomma credo che questo libro sia stato pensato per dare corpo alla speranza. A partire dal suo titolo che sposta decisamente l’ottica con cui guardare al femminile che non è la paura delle donne ma la paura degli uomini. 
E oggi scopro nella lettera che avvisa dell’annuale seminario delle filosofe di Diotima all’università di Verona che è un libro da loro consigliato. Perché il loro tema è: alleanze e conflitti nel mondo comune di donne e uomini. E credo che se non si capisce la paura degli uomini non ci si schioda.

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