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Libertà d’informazione, ma quale?

9 Ottobre 2009
Pubblicato su l'Altro il 3 ottobre 2009
di Letizia Paolozzi

In questo nostro Paese l’informazione non gode di buona salute. Ma non è problema di oggi. Come dicono (inascoltati) i Radicali, sono decenni che la sua qualità fa acqua. Tuttavia il presidente del Consiglio ne mette in fila tali e tante da convogliare la protesta. Così tutti in piazza per la libertà di informazione.
Tali e tante perché il capo del governo non tollera le critiche. Più forte è la sua maggioranza, più Berlusconi sembra incapace di accettare la pur minima forma di dissenso. In Cina la questione l’hanno risolta con una bella parata militare. Però la Cina è lontana. Da noi il potere punta sulle querele e sugli attacchi per diffamazione dei giornali ostili, dei giornalisti “farabutti“. Nonostante gli addetti ai lavori non è che si ribellino più di tanto. “Giorno dopo giorno, giornali e giornalisti entrano sempre più in campo, e si ritrovano più o meno dentro la partita“ (Fabio Martini sulla rivista “il Mulino“).
Magari il presidente del Consiglio avverte che un ciclo – il suo – si sta esaurendo. Dunque, non imbavaglia l’informazione. Ma pretende di controllarla. Controllo risibile se sono mesi che andiamo avanti con la vicenda privatissima, diventata pubblica, della sessualità del premier. Il quale premier garantisce – sulla base dei sondaggi – che agli elettori la sessualità del capo del governo piace così. In Italia meglio essere affetti da priapismo che provare disinteresse nei confronti del gentil sesso. Questo all’estero non lo capiscono. Dunque, se la ridono mentre da noi circolano commenti pruriginosi che molto devono all’avanspettacolo.
Quanto alla tv ha scelto l’understatement. Per non dire il silenzio-stampa. Della signora-escort di Bari e delle sue sorelle, il Tg1 di Minzolini non ha parlato proprio. Patrizia D’Addario, dopo sei interviste alle televisioni straniere, è approdata al programma di Michele Santoro “Anno zero“ solo ieri sera. Non ha mostrato grande abilità: era stretta in una situazione complicata. Io rimpiango Pia e Carla che, partendo da Pordenone, hanno costruito un movimento delle lavoratrici del sesso.
Nel frattempo, si oscilla tra la morbosità e le reazioni scandalizzate di chi contesta l’invito alla D’Addario. Il “partito Rai“ difende Santoro. I berluscones decidono di non pagare il canone per protesta. La Rai perde soldi; Mediaset ne guadagna. Il capo del governo interviene sull’una; possiede l’altra. Privatizzare la Rai è una pia illusione. Non infiamma gli animi, non ha un moto di ripulsa la società civile di fronte al fatto che associazioni, piccoli partiti non sono mai invitati in televisione. Solo i Radicali si ribellano. E la manifestazione di oggi non è su questo.
E’ una manifestazione che ha al centro Berlusconi. Non il modo di guardare al corpo femminile della televisione. Ma sono i comportamenti del premier ad aver forgiato questa tv oppure è l’attrazione fatale della televisione a imporsi al premier, comportamento machista compreso? Risultato, senza serietà o moderazione, manca il rispetto. In effetti, il premier è il primo a svalorizzare il ruolo che incarna.
E poi, il degrado linguistico dei programmi, con la voglia di spezzare i codici, gli scambi violenti, le grida, gli strapazzi, rimbalza sul Berlusconi comiziante che dal palco grida alla minoranza le 3 “vergogna“. Siamo al circolo vizioso, al classico serpente che si morde la coda. La società si incattivisce e pure la satira ne risente con la volgarità gratuita di “Lost in Wc“ nella trasmissione “Parla con me“ di Serena Dandini.
Non c’è chi non veda i risultati negativi di questa situazione. Cresce la misoginia nei confronti del sesso femminile; invece di ricostruire comportamenti assennati, il tentativo di fare la morale a Berlusconi scivola nel moralismo. Quando non addirittura nella sessuofobia.
Certo, il premier mette in scena una miseria sessuale maschile al massimo livello ma sono i rapporti tra uomini e donne, come ha scritto Lea Melandri su “L’Altro“, a venire rimossi. Sicché i due viaggiatori delle “Lettere persiane“ avrebbero molto da riflettere per spiegare questa manifestazione per la libertà di informazione. Che con il senso della libertà, quella difesa nella lettera di Roxane, animatrice della ribellione nel serraglio, non pare volersi confrontare.

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