“Chi può permettersi di fissare, e a quale altezza, l’asticella della moralità?” dice Angelo Rizzoli al Corriere della sera (25 giugno). Ma la questione, nata – non dimentichiamo- dalla denuncia della stessa Veronica e perseguita con accanimento dai giornali, è morale o politica? O tutte e due? E se politica, in che senso?
Rizzoli dice che tutto è un complotto. Politico. E accusa Veronica di destabilizzare i figli, la definisce donna “condizionabile”, circondata da amiche “che vanno bene giusto per lo shopping”. Domanda: è morale, politico o semplicemente misogino l’attacco alla moglie del premier? Veronica se ne indigna e chiede di essere lasciata in pace, lei, i suoi figli e le sue amiche (Corriere, 27 giugno).
Ma è facile per Fausto Carioti di Libero-news.it ricordare che fu Veronica per prima a nominare i figli nella sua prima e oramai famosa esternazione (“io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione”). Senza contare che è abbastanza destabilizzante (per i figli) vedere il padre accusato pubblicamente dalla propria madre. Si torna sempre al punto: il gesto pubblico di una moglie oltraggiata e tutto quanto ne è seguito, è politica?
Per Daria Bignardi, ad esempio, non lo è. Rivendica il suo “annoiato disgusto” e la sua tristezza di fronte a tanto spettacolo, ma altre sono le cose che la preoccupano, “la riforma della scuola, la disoccupazione e lo sfascio della giustizia” (Vanity Fair). Di diverso avviso Annamaria Spina e Giovanna Crivelli dell’UDI : quella a cui stiamo assistendo, scrivono in una lettera ironicamente rivolta all’ “utente finale”, è una intollerabile “lapidazione verbale”, delle donne (Il Paese delle donne on line).
Più radicale il giudizio di Bia Sarasini: “la politica è qui, nelle forme che prende la vita quotidiana”. Ascoltare con umiltà “la voce di una moglie permette di afferrare l’indispensabile filo politico che porta fuori dal labirinto di immagini, finzioni, specchi che ci intrappola”. Ma l’opposizione, dice Sarasini, non sa cogliere il punto e “si smarrisce perché si ostina a chiamare gossip, fondamentali snodi tra potere, strutture sociali, relazioni tra donne e uomini” (donnealtri.it).
Niente di così serio per Marcello Veneziani. Su Libero (30 giugno) commenta il fallito appello delle docenti universitarie (“tardone rosse”) alle first ladies del G8, e scrive che le cronache di “Zoccolandia” (la definizione è del maitre à penser della destra) sono solo “gossip da cortile”. La verità, conclude, è “che la femminista è la matrigna arcigna della velina”.