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Stupri, pericoli e intelligenza politica delle donne

7 Marzo 2009
di Bia Sarasini

Un nuovo nemico delle donne si aggira per le strade italiane, lo straniero. Che non sempre è extracomunitario, visto che dalle denuncie tra i non italiani risultano maggiormente propensi allo stupro i romeni, ovvero cittadini europei, al 7,8%, il che di per sé non dice nulla, se si considera che sono la comunità straniera più numerosa in Italia.

Sarebbe questa l’unica certezza che emerge da giorni di allarme, da titoli di telegiornali e quotidiani dedicati a una cronaca sempre più efferata, come se si cercasse con determinazione una progressione, un culmine nell’orrore. Come se gli stranieri fossero un tipo d’uomo più pericoloso e la loro aggressione verso le donne fosse un crimine speciale. Così il governo ha potuto varare il 20 febbraio un decreto pieno di norme restrittive per gli immigrati, irregolari e non, e chiamarlo “antistupro”. Un decreto che contiene l’autorizzazione delle ronde, e qui il cerchio si chiude, come se si fosse proclamata una guerra per difendere le donne italiane dall’invasore straniero.

Per non parlare dei dati. Da un lato risulta che gli stupri sono in diminuzione, nel 2008 ne sono stati denunciati 8845 invece dei 8749 del 2007, dall’altro risulta che il 60,9% sono commessi da italiani, mentre il 40% circa da stranieri, soprattutto immigrati irregolari. È qui che la confusione diventa massima. Si ricorda sia che gli immigrati sono circa il 6% della popolazione, sia l’aumento fortissimo della percentuale rispetto al 9% di vent’anni fa, naturalmente senza sottolineare che allora gli stranieri in Italia erano in numero veramente minimo. Per non parlare di Roma. Perché se a Milano o Bologna, gli stupri sono in netta diminuzione, a Roma nel 2008 i dati sono un macello: gli italiani che commettono stupri scendono al 48% , mentre i rumeni salgono al 28%. Allora, Roma in preda a bande di stranieri maschi stupratori?

È un panorama così sconvolgente e confusivo che obnubila anche i cervelli di sinistra. Facile fare manifesti dove si accusa il sindaco Alemanno di non garantire alla città la sicurezza che aveva promesso in campagna elettorale, seguendo la strada sciagurata percorsa da Walter Veltroni all’epoca dell’omicidio della signora Reggiani. Ma anche alle donne si pongono problemi: bisognerà guardarsi dai migranti, soprattutto rumeni (sempre ricordando che anche a Roma sono il gruppo più numeroso)? C’è un allarme che per sventatezza, per pregiudizio buonista, non si è preso in considerazione? Le migrazioni presentano speciali pericoli per le donne?

La risposta è la stessa di sempre. Il pericolo per le donne sono gli uomini. Di qualunque nazionalità, religione, cultura. Come risulta non dalle denuncie, ma da ricerche come quella del 2007 pubblicata dall’Istat che indagava nel segreto della violenza che non viene resa pubblica, il pericolo si trova in casa, tra le persone che si conoscono. Si amano, perfino. Del resto risulta anche da una lettura attenta degli stupri denunciati, che nella maggior parte riguardano violenze domestiche, relazioni di prossimità e conoscenza. Anche gli stupri di stranieri avvengono per la maggior parte tra le pareti di case, o comunque su donne della propria comunità. Per questo le rumene, che pure coprono di segreto le loro vicende, risultano tra quelle che denunciano di più.

Ma è solo lo stupro di strada interetnico, straniero versus donna italiana, a fare notizia. Come non vedere che si tratta della costruzione di un nuovo tassello del razzismo italiano? È il paradigma razzista a far percepire (anche alle donne?) con maggiore orrore questa forma di stupro, e nello stesso tempo l’orrore lo rafforza. In gioco è il controllo del territorio, che è “nostro”, come “nostre” sono le donne, egualmente rese territorio.

Per questo occorre mettere in campo tutta l’intelligenza della politica delle donne, smontare il progetto che usa le lotte delle donne e la maggiore sensibilità allo stupro come violazione insopportabile ( come ha scritto Letizia Paolozzisu questo sito) per costruire la reazione razzista. Io sono mia, ricordiamolo.

Pubblicato su “Carta Settimanale” in edicola

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