Nawal al Samarai dallo scorso luglio era ministra senza portafoglio per gli Affari delle donne nel governo iracheno. Dopo sei mesi dalla nomina ha deciso di dimettersi in segno di protesta contro le esigue risorse destinate al suo incarico. Il governo, ha dichiarato, si è mostrato indifferente all’ “esercito di vedove, disoccupate, detenute”. “Le donne irachene non sanno neppure come raggiungermi per espormi i loro problemi –ha spiegato- non esistono uffici provinciali”. L’ufficio di Samarai, infatti, ha sede nella blindatissima zona “verde” di Baghdad, molto difficile da raggiungere (Reuters, Associated Press, AGI, 6 febbraio).
Cecile Manorohanta era ministra della Difesa in Madagascar fino a pochi giorni fa, quando si è dimessa in seguito alla morte di decine di manifestanti dell’opposizione uccisi dalla Guardia Presidenziale. Alla radio ha dichiarato : “Come madre non posso accettare questa violenza, le forze dell’ordine avrebbero dovuto proteggere la popolazione e i loro beni”. (Ansa, Adnkronos, 9 febbraio).
Due notizie di agenzia che possono dare il segno di una inedita autonomia delle donne, nella politica e dalla politica, in paesi lontani e difficili. Ovviamente andrebbero lette nel loro contesto. In Iraq si sono appena concluse pacifiche elezioni amministrative dove, secondo il quotidiano Al Sabah, la percentuale delle donne nei Consigli provinciali sarà più alta del 25 per cento fissato per legge. E questa è senza dubbio una buona notizia. Una conferma non solo della vitalità della neo democrazia irachena, nonostante tutto, ma anche della forza che le donne vi potrebbero esercitare. La protesta della ministra assume quindi un significato peculiare.
Del Madagascar sappiamo molto poco. Secondo Domenico Quirico (La Stampa, 10 febbraio), la strage nelle strade di Antananarivo, capitale dell’isola africana, si spiega con “la guerra tra due uomini d’affari, ricchi, voraci e senza scrupoli”: l’attuale presidente, proprietario di varie aziende, supermercati, televisioni, radio e due quotidiani e il suo rivale, ex sindaco della città, a sua volta proprietario di radio e televisioni che ha mobilitato la popolazione più povera. In ogni caso colpiscono le motivazioni “di coscienza” che hanno portato la ministra alle dimissioni. Al suo posto è stato subito nominato un militare, uomo di fiducia del presidente.
E’ inutile nascondere che enfatizziamo queste notizie riguardanti gesti di libertà di donne politiche lontane perché ci piacerebbe vederne segnali anche qui da noi, tra donne vicine.