Rosa / Nero

uomini e donne nella cronaca di tutti i giorni

La sconfinata fiducia di Pippa Bacca

28 Aprile 2008
di Franca Fossati

Anche il funerale è sembrato “un’opera d’arte”. Marciapiedi e case decorati con palloncini verdi fra lumini accesi, verde anche sulla bara e su tutti i partecipanti (La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 aprile).
Verde era il colore preferito di Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, violentata e uccisa vicino a Instanbul il 31 marzo scorso e ritrovata l’11 aprile sotto un leggero strato di terriccio. Bianco era però il colore che avevano scelto lei e Silvia Moro per il viaggio da Milano verso Israele, vestite da spose in autostop.
Una donna aggredita e uccisa sotto elezioni in genere fa clamore. Se però il fatto avviene in Turchia, e non si può darne colpa all’avversario, la vittima non gode di molta stampa. Infatti si è parlato poco di quegli strani funerali conclusi dal coro di Micene, brani di Isaia e dell’Apocalisse e poi, fuori dalla chiesa, tarantelle, Bella ciao, L’Internazionale e Summertime.
Come negare, però, che quella morte se l’era cercata, la Pippa?
Eppure “chi l’ha conosciuta ama pensare che in realtà il suo viaggio si sia perfettamente concluso” e “davanti a tanta follia” sia meglio “inchinarsi, cercando la risposta nel silenzio che tanto svela a chi vi si sa abbandonare con fiducia” (labuonabattaglia/blogspot.com ). “Non teneva a dimostrare niente, né a convincere o a predicare. Voleva essere nel mondo e conoscerlo.” (Dacia Maraini, Corriere della sera, 22 aprile).
Sì, ma perché vestita da sposa?
Quell’abito, risponde Silvia Moro, simboleggia il matrimonio “fra la terra e il cielo, fra le genti, le culture e le diversità”. Il gesto simbolico che si era scelta Pippa era quello di lavare i piedi alle ostetriche. Per onorare il lavoro che rende possibile la nascita. Silvia, invece, cercava le ricamatrici, alle quali chiedeva di intervenire sul suo abito, “affinché esso stesso diventasse la testimonianza della contaminazione fra le culture” (La Repubblica, 21 aprile).
Gli abiti, in realtà, erano quattro, ma due erano rimasti a Milano, intatti, “nell’attesa di divenire motivo di confronto-racconto con gli abiti viaggiatori” (www.erodoto.org).
Arte, utopia, passione, stravaganza?
Quel viaggio, iniziato l’8 marzo, “voleva essere un gesto di pace per dimostrare che si possono attraversare ben 11 paesi considerati pericolosi contando sull’umanità dei loro abitanti” (Alessandra Borsetti Venier, Paese delle donne on line). Come per Enzo Baldoni, ucciso in Iraq e presto dimenticato, “esiste un sospetto di ingenuità, di eccesso di fiducia nel prossimo” (Michele Serra, Repubblica , 20 aprile). Un eccesso, che Silvia Moro non considera eccessivo: “il valore del nostro progetto è stato confermato giorno dopo giorno dalla ricchezza dei nostri incontri”.

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