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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

50&50, quando il verosimile vince sul vero

27 Giugno 2007
Un dibattito: Paolozzi, Stella, donne dell'Udi di Palermo
di Rosetta Stella

Cara Letizia, in apertura dell’ultima puntata di Ballarò, Maurizio Crozza, per commentare il dibattito politico italiano di questi tempi, citava una battuta di Groucho Marx che ti riporto a memoria e che diceva più o meno così: “l’arte della politica consiste nell’individuare un problema vero, affrettarsi a darne una interpretazione rigorosamente sbagliata per proporne erroneamente al più presto un rimedio il più possibile dannoso”.
Non ti sembra azzeccata anche per il vorticare di solletico politico che adesso sta di nuovo accarezzando le menti delle donne italiane intorno all’annosa questione del riequilibrio della rappresentanza femminile?
Ancora una volta rispunta fuori limpida e luminosa, la diabolica tentazione paritaria, come la soluzione delle soluzioni, giusta e equa, soprattutto semplice e immediatamente convincente,
come l’ordine alfabetico in un elenco di nomi. Ecco qua: niente più problemi di accreditare primazie o sottolineare disparità e vantaggi, tutti pareggiati alle linee di partenza e… “se son rose, fioriranno”.
Certo la tentazione di lasciar correre è forte. Così come quella di stare alla finestra e aspettare di vedere, anche stavolta, l’effetto che fa.
Ma tu richiami all’ordine un cuore distratto come il mio e scrivi: “…non sono questione di lana caprina ma spartiacque tra politica rivendicativa e paritaria e politica della differenza” (DeA, 12 giugno 2007).
Hai ragione. E’ così. Mai come stavolta la questione è pura e semplice in questi termini.
Anzi, se un merito ce l’ha, è proprio questo di essere messa in modo corretto e limpido da entrambe le politiche. E questa pulizia di impostazione dovrebbe impedire, più di altre volte, i rimescolamenti di carte o le mascherature equivoche dall’una e dall’altra parte. Insomma si riapre un fronte di dibattito conflittuale tra donne, ma questa volta, più chiaro nelle diversità e quindi più sereno nelle argomentazioni. Così almeno mi auguro che accada.
Ormai ci possiamo dire con tranquillità che c’è nel nostro paese, un femminismo rivendicativo della parità, se non altro formale, che sanerebbe per legge lo scandaloso squilibrio tra i sessi a svantaggio femminile nei luoghi della rappresentanza, e un femminismo della differenza che agisce la sfida politica con gli uomini sul piano di un tenere sempre aperto il campo dello scontro, ma anche dello scambio.
Non si creda però che il terreno del dibattito sia immune da asperità. Anzi è ricchissimo di occasioni per battagliare. Prima fra tutte quella costituita dall’eterno confronto tra la dimensione del verosimile, sempre in agguato ogni volta che, in politica, vengono a contrapporsi le masse al pensiero, e quella della verità cercata nell’analisi delle pieghe dell’esperienza, verificate nel corpo a corpo con la realtà.
Il verosimile è sempre accattivante e sembra sempre di più immediata e facile realizzazione. A portata di mano e quasi senza costo, garantisce successo per visibilità e consenso. Il verosimile è più bello del vero nella sua perfetta geometria, neutrale, inattaccabile apparenza. Irresistibile per chi deve farsi notare a tutti i costi, presto e spesso. Pazienza se è tutto finto. Somiglia al vero e questo basta a convincere una marea di persone.
Di fronte alla sua potenza d’urto le argomentazioni della verità sembrano tutte, cara Letizia, “questioni di lana caprina”. Inutili, se non dannose, perdite di tempo, che raggelano le aspettative e gli entusiasmi e allontanano gli altrimenti sicuri risultati. Il verosimile è molto molto incazzato ogni volta che il vero tenta di smascherarlo nella sua falsità, col suo solito andare troppo per il sottile nel far valere gli argomenti dei vari contesti e delle vite concrete delle persone. Soprattutto quando esso si alimenta di vere frustrazioni e di vera insofferenza, come ci capita spesso di dover subire negli attuali scenari politici.
Facile allora cadere nella tentazione di pretendere che gli uomini siano obbligati per legge a lasciare vacanti, almeno a metà, i posti in cui si decide delle sorti di tutti e tutte, posti che occupano quasi al completo a meno che non siano costretti da concorsi pubblici in cui le donne sono spesso più brave e li vincono ai punti.
Ma allora, se accettiamo il trionfo del verosimile, dove tutto è controllabile, perimetro per perimetro, tutto è limpido senza insidie vistose d’astrazione, perché chiedere solo la metà, perché non azzardarsi a proporre leggi, che so?, le quali impongano liste tutte di donne per alcune cariche e tutte di uomini per altre? La presidenza della Repubblica di accesso solo femminile e quella della Banca d’Italia solo maschile ? Oppure viceversa, oppure tutte e due…… Sempre nel rispetto della Costituzione, per carità! Che poi, pure questa non si potrebbe cambiare? E così via delirando, tanto poi ci pensa la realtà, quella cambiata davvero e quella che fa resistenza, a forzare i modi per diventare fedele a se stessa, di cambiamento in cambiamento.

A noi, cara Letizia, donne fra tante, a cui sta particolarmente a cuore la realtà che cambia, spetta ancora una volta, il compito di restare fedeli alla verità e porci come bastioni (ma?!?!?!), a sua irriducibile difesa.
Con te, fino alla morte!!!
Ciao,

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